Cagliari: i politici passano ma i problemi restano

di Roberto Copparoni

Al di la di approcci ideologici in merito all’operato, rappresentanza e gestione amministrativa del nostro capoluogo credo che Cagliari presenti aspetti irrisolti sui quali nulla o poco è stato fatto, nonostante i vari avvicendamenti che, almeno sulla carta, avrebbero dovuto segnare una certa discontinuità. Senza voler parlare dei tanti casi ben presenti sotto i nostri occhi, mi voglio soffermare su quello che forse è il più eclatante: Tuvixeddu e il suo quartiere.

L’area di oltre 60 ettari insiste nel quartiere di Sant’Arennera, oggi Sant’Avendrace. Quartiere che dovrebbe essere il vero centro storico di Cagliari, proprio perché la prima città urbanizzata nasce sulle rive della laguna di Santa Gilla, nell’area compresa fra il centro commerciale “I Fenicotteri” e dove oggi sorge l’omonima  ex centrale elettrica e lato di piazzale Trento che si immette nel viale Sant’Avendrace

Proprio in questi luoghi fra VIII/IX secolo d.C. prese vita il giudicato di Calari o anche di Pluminos (Iudicatus Karalitanus), chiamato Giudicato di Cagliari la cui capitale era proprio sulla riva settentrionale della laguna. La città lagunare  si estendeva per circa 20 ettari delimitati probabilmente da torri e mura per tre lati; il quarto verosimilmente fronteggiava il porto lagunare, poco più a lato verso est rispetto al primo porto fenicio di Krly (come si chiamava Cagliari attorno al IX secolo a.C.). Peraltro fino al primo dopoguerra erano ancora in parte visibili diverse tracce murarie e vari blocchi di crollo di antichi edifici.

Ipotetica ricostruzione della città giudicale lagunare di Santa Igia di Sergio Atzeni

In verità  tutto il quartiere è di rilevante importanza non solo per la quantità e qualità delle testimonianze e reperti archeologici e storici presenti, ma che per gli aspetti socio culturali e antropologici che l’area presenta, segnati negativamente dalla scellerata urbanizzazione, speculazione edilizia e industriale (leggasi Italcementi e Calce idrata) che per oltre mezzo secolo hanno trasformato migliaia di metri cubi di roccia calcarea (in superficie e nel sottosuolo) in cemento e calce.

Con il senno di poi, quante campagne elettorali si sono fatte utilizzando il nome di questo sito, quante cause si sono intraprese per interessi di parte, quante promesse si sono fatte per valorizzare tutta questa area. Nel frattempo cosa sono diventati questi luoghi, ma forse sarebbe meglio definirli “non luoghi”?

Giusto per rinfrescare la memoria voglio segnalare alcune criticità presenti nel quartiere:

La sede della ex cementeria e i suoi fabbricati sono abbandonati e versano in stato di precarietà statica (vedasi capannone),  le gallerie e le cavità sono piene di rifiuti, così come lo è gran parte del sottosuolo; il canyon è terra di nessuno; Villa Mulas/Mameli sta crollando,; le postazioni militari del colle di Tuvumannu e le grotte della latomia sono ignorate; la sommità del colle lato via Bainsizza (in prossimità del cancello) offre una bellissima vista sul golfo di Cagliari, la laguna, i monti di Capoterra e di Assemini e sul Campidano meridionale, ma abbassando lo sguardo verso il basso tale magnifica e romantica visione viene bruscamente cancellata da una vasta discarica abusiva posta lungo il declivio del colle; l’ex villino Serra di vico II Sant’Avendrace é un luogo totalmente degradato e le tombe romane presenti sono divenute dei depositi di rifiuti e riparo per i senza tetto e drogati; la tomba di Rubellio è sempre chiusa con lucchetto (chi ha la chiave?) e per accedervi bisogna chiedere il permesso per entrare in una proprietà privata;  Villa Laura sta crollando; l’ex cantiere Cocco è da anni oggetto di studi e ricerche; il viale Sant’Avendrace è un cantiere aperto, così come l’ omonima  chiesa a lui dedicata; l’area archeologica compresa fra via San Donà e vico IV Sant’Avendrace  è in totale abbandono e scavata solo dai tombaroli; l’ex pastifico di via Po è in perenne restauro e vincolo paesaggistico e monumentale. Ultimo ma non ultimo la necropoli di Tuvixeddu che merita un approfondimento per via della sua importanza. Infatti  è una storia a parte.

Interno dell’ex villino Serra di vico II Sant’Avendrace: rifugio di senza tetto
Interno dell’ex villino Serra di vico II Sant’Avendrace. Particolare di tomba con arcosoli romani
Area laterale dell’ex villino Serra di vico II Sant’Avendrace: rifugio di senza tetto

Infatti il parco urbano ha tre componenti di fondo: la prima di natura archeologica, la seconda naturalistica (ambientale e paesaggistica) e la terza culturale/ identitaria e antropologica.

Archeologicamente parlando Tuvixeddu rappresenta un “unicum” internazionale, perché è la più grande necropoli utilizzata in epoca fenicia, prevalentemente in epoca punica e infine romana. Inoltre essa è importante, come diceva il Soprintendente Francesco Elena già nel 1886, oltre che per la sua estensione, anche per continuità di uso e per monumentalità. Per questo egli affermava che Tuvixeddu non aveva confronti.

Ingresso di un Parco senza anima

Purtroppo l’attuale percorso risulta anonimo, infatti appare come una serie di superfici ricche di taglie, sezioni e cavità delle roccia, delimitate da invadenti recinzioni. Tale considerazione è avvalorata dal fatto che  le aree sono prive di idonea cartellonistica informativa plurilingue e senza alcun pannello riproducente i corredi funerari o riproduzione di manufatti.

Panoramica di Tuvixeddu

Anche l’illuminazione è carente e manca uno stabile servizio di accompagnamento e di guida. I servizi sono inesistenti, fatta eccezione per i bagni pubblici, e le strutture presenti a suo tempo predisposte per l’accoglienza e servizi (biglietteria dell’ingresso di via Falzarego e sala polivalente lato via is Maglias) non sono mai state attivate.

In altre parole l’area archeologica non riesce a trasmettere ai visitatori suggestive emozioni e significative informazioni in grado di favorire la conoscenza del sito e la condivisione dei suoi contenuti.

Una delle decine di gallerie sotterranee del colle

Dal punto di vista naturalistico occorre osservare che mancano dei cartelli informativi sulle piante presenti e che nessuna delle decine di cavità del colle sono state bonificate e messe in sicurezza per favorirne la visita. Alcune di queste poste in Via Vittorio Veneto sono state sventrate dai pilastri di cemento armato dei soprastanti edifici.

Cavità sotto i palazzi di via Vittorio Veneto

Mentre dal punto di vista culturale/identitario e antropologico, nulla è stato fatto per informare i visitatori sulla storia del colle e sulle tradizioni delle popolazioni che nei secoli vi hanno vissuto. Inoltre un approfondimento dovrebbe essere fatto per la storia di questi luoghi, compresa fra il XVIII e XX secolo, legata allo sfruttamento della roccia calcarea e alla nefasta presenza della Italcementi, nonché dei costruttori senza scrupoli che dalla metà dai primi del ‘900 hanno cementificato buona parte dei luoghi.

Fra i tanti documenti che in questi anni sono stati predisposti ne cito una assai significativo, da cui estrapolo alcune parti: Deliberazione  delle RAS N. 31/12 DEL22.8.2007

Oggetto: Dichiarazione di notevole interesse pubblico paesaggistico dell’area di Tuvixeddu – Tuvumannu – Is Mirrionis. D.Lgs 42/2004, art. 140 di dichiarare di notevole interesse pubblico paesaggistico ai sensi dell’art. 140 del d.lgs 42/2004, l’area di Tuvixeddu – Tuvumannu – Is Mirrionis, così come delimitata nella proposta della Commissione Regionale per il paesaggio;

− di prendere atto che la dichiarazione di notevole interesse pubblico paesaggistico, di cui al punto precedente, costituisce, ai sensi del secondo comma dell’art. 138 del D.Lgs. 42/2004, parte integrante del Piano Paesaggistico Regionale;

− di dare mandato agli Assessori competenti affinché venga rapidamente realizzato, anche in collaborazione del Comune di Cagliari, il progetto di tutela, conservazione e ripristino delle aree di Tuvixeddu – Tuvumannu – Is Mirrionis secondo le indicazioni contenute nello studio del Prof. Gilles Clement;

− di incaricare i competenti uffici regionali degli adempimenti amministrativi di notifica e di pubblicazione della presente delibera, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 140, c. 3, 4 e 5 del D. Lgs. 42/2004 nonché dell’esecuzione della medesima per quanto di competenza.

Una domanda mi sorge spontanea: in circa 30 anni cosa è stato fatto? Come mai il vincolo di cui sopra non è stato esteso anche alle aree poste al di la di via Santa Gilla verso Campo Scipione/San Paolo e l’area del Fangario?

E infine, come è finita la transazione fra la RAS e l’Impresa Cocco con la quale quest’ultima ha ceduto alla RAS la proprietà dell’area di circa 1.100 metri quadrati, che si affaccia nel viale Sant’Avendrace. impegnandosi a demolire le opera già realizzate, il cui costo è stato stimato in 623 mila e 800 euro e ripristinare immediatamente lo stato dei luoghi nonché realizzare nella stessa area una piazza di pubblica fruizione. La Regione quale contropartita, si impegnava a cedere all’Impresa Cocco un immobile sito in Cagliari, nella via Dante, di circa 1.800 metri quadrati (2 unità commerciali e 14 unità a destinazione residenziale).

Peraltro queste domande sono state poste più volte posta ai diretti interessati e fra i tanti cito solo: Floris, Palomba, Selis, Soru, Pigliaru, Zedda e Truzzu senza ricevere credibili risposte. Voi ne avete?

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