Fabrizio De Andrè, un cantautore per gli emarginati.

L’11 gennaio 1999 si spense a Milano, a 58 anni, la vita di uno dei cantautori più amati e controversi della musica italiana.

 

di Annalisa Pirastu

 

Fabrizio De André nasce il 18 febbraio 1940  a Genova.

I genitori sono entrambi piemontesi. Il padre Giuseppe proviene da una famiglia modesta e fa fortuna acquistando un Istituto tecnico, la madre Luigia Amerio è benestante, figlia di produttori vitivinicoli.

Durante la seconda guerra mondiale, Fabrizio vive da sfollato nella campagna astigiana dove il padre aveva acquistato una cascina.

Fabrizio ha, sin da giovanissimo, un comportamento fuori dagli schemi che gli causa vari problemi con i professori. Dalla scuola statale viene quindi trasferito dai Gesuiti, dove fu vittima di un tentativo di molestia sessuale da parte di un gesuita. La reazione di De Andrè fu irriverente e prolungata e portò la direzione a espellerlo dalla scuola.

Il padre di Fabrizio, esponente della Resistenza e vicesindaco di Genova, informò il Provveditore agli studi, pretendendo un’inchiesta  che terminò con l’allontanamento del gesuita.

Fabrizio lascia la casa dei genitori a 18 anni, a causa del difficile rapporto col padre. Frequenta alcuni corsi di Lettere e altri di Medicina, poi si iscrive in giurisprudenza dove non si laureerà mai perchè a pochi esami dalla laura, ha i suoi primi contratti discografici. Cominciano in questo periodo i suoi problemi con l’alcool.

L’incontro decisivo con la musica avviene con l’ascolto di Georges Brassens, del quale De André tradurrà alcune canzoni.

Scopre anche il jazz e frequenta gli amici Luigi Tenco, Umberto Bindi e Gino Paoli, con cui suona la chitarra. Il gruppo si esibisce nel club “La borsa di Arlecchino”.

La sua vita è sregolata e viene a contatto con persone di tutte le estrazioni culturali e sociali. La sua compagna, nel periodo giovanile, fu una prostituta di via Prè.

Negli anni 50 fece importanti letture: Bakunin, Malatesta e altri libertari che lo portarono a definirsi anarchico individualista.

Nel 1960, insieme a Clelia Petracchi compose la sua prima canzone, La ballata del Miché, in cui è evidente l’influenza esistenzialista francese.

L’anno dopo gli viene presentata Enrica Rignon, appassionata di jazz, di sette anni più grande e appartenente a una delle famiglie più abbienti di Genova. Rimasta incinta dopo qualche mese, divenne la prima moglie di De André, e da lei ebbe il figlio Cristiano.

Fabrizio allora ventiduenne, si vide costretto a mantenere la famiglia e comincio a insegnare in un istituto del padre.

Nel 1961 la casa discografica Karim pubblica il suo primo 45 giri che contiene due brani, Nuvole barocche e E fu la notte.

Si andava affermando come musicista colto, abile nel sintetizzare nelle sue opere varie tendenze e ispirazioni. Riusciva a ricreare le atmosfere degli storici cantautori francesi unendovi tematiche sociali, a volte crude a volte poetiche, oltre a tradizioni musicali regionali e sonorità di respiro internazionale.

E’ del 1964 l’incisione de “La canzone di Marinella” che lo farà conoscere al grande pubblico quando sarà interpretata da Mina. Escono anche i suoi 33 giri. La sua discografia non è numerosa e quasi inesistenti sono i concerti sino al 1975. Il suo primo vero album è quello del debutto Tutto Fabrizio de Andrè.

Il brano Preghiera in gennaio, è scritto di getto poche ore dopo la morte a Sanremo del suo amico Tenco. De André, palesemente agnostico, è sempre affascinato da temi religiosi, canta una preghiera a Dio per Tenco, concedendogli un posto in Paradiso con gli altri suicidi.

Gli anni fra il ‘68 e il ‘73 furono fra i più proficui per l’autore, che cominciò la serie dei concept con Tutti morimmo a stento. Incise anche una versione inglese dell’album, mai commercializzata e oggi esistente in unica copia, proprietà prima di un collezionista statunitense e ora di un collezionista pugliese. Segue La Buona Novella che analizza alcuni vangeli apocrifi, sottolineando l’aspetto umano della figura di Gesù.

Nel ‘71 esce Non al denaro né all’amore né al cielo, adattamento di alcune poesie della Antologia di Spoon River. Fernanda Pivano lo intervista nascondendo un registratore e trascrivendo poi la lunga conversazione che i due ebbero su Spoon River e sulle canzoni dell’album, visto che De Andrè aveva dei problemi a concedere interviste.

Nel ‘73 esce Storia di un impiegato in cui, con Giuseppe Bentivoglio, raccontano la vicenda di un impiegato durante il maggio del ‘68. Il disco, fortemente politico, venne attaccato dalla stampa musicale militante e vicina al Movimento Studentesco. Fra le critiche più accese quella che definisce l’opera verbosa e datata. Anche il pubblico lo accoglie in maniera negativa.

Il valore musicale del disco verrà riconosciuto compiutamente, solo negli anni ’90.

Intanto De Andrè ha un periodo di crisi professionale e personale e termina il matrimonio con Enrica.

Malgioglio gli presenterà di lì a poco Dori Ghezzi.

De André fa le sue prime esperienze negli spettacoli dal vivo: lavoratore instancabile e al limite del perfezionismo non aveva ancora trovato il coraggio di esibirsi in pubblico.

Fu l’impresario teatrale Bernardini che lo portò davanti al pubblico della Bussola, offrendogli 6.000.000 di lire di cachet, che era una cifra astronomica.

Con molto whisky in corpo, Fabrizio supera la paura del palcoscenico

Gli ambienti dell’Autonomia e della Sinistra extraparlamentare gli contestano anche le esibizioni dal vivo con parole molto dure :

“….denunciando situazioni in cui difficilmente si è trovato se non a livello emotivo. Borghese di nascita, di adozione e di intenti, rifiutava di esibirsi in pubblico fino a quando le vendite dei suoi dischi hanno subito un tracollo: allora si è esibito alla Bussola prima di confrontarsi con tutti coloro che avevano sprecato tempo ad ascoltar le sue lagne.”

De André talvolta scende dal palco per discutere con i contestatori. Il rapporto degli extraparlamentari con l’anarchico De André non sarà mai facile: già nel 1978 aveva raccontato con Coda di lupo un episodio di contestazione del sindacalista Lama nel ‘77, che vide in prima linea gli Autonomi e gli Indiani Metropolitani.

Dal ‘69 per 10 anni De Andrè è attenzionato dalla polizia e dai servizi segreti perché un suo conoscente marxista-leninista   era stato indagato per Piazza Fontana. Il Sisde lo ritiene un simpatizzante delle BR.

De Andrè in effetti si limitava a sostenere economicamente un periodico anarchico.

A partire dal 1974 De André cominciò nuove collaborazioni con altri musicisti e cantautori e a esplorare la produzione musicale degli autori americani, tradusse canzoni di Bob Dylan e Leonard Cohen.

L’anno dopo collabora con De Gregori nella scrittura della maggior parte dei brani dell’album Volume VIII in cui sono affrontate tematiche esistenziali, quali il disagio verso il mondo borghese. Anche questo disco riscuote diverse critiche negative.

Quest’album fa intravedere un De André esploratore di una musicalità più distesa, spesso di ispirazione ancora più americana, molti brani trattano l’attualità e la politica così come l’aborto e l’omosessualità. Nell’album sono presenti anche le prime sperimentazioni dei suoni della musica etnica con Zirichiltaggia, cantata interamente in gallurese.

Negli anni settanta De André si stabilisce all’Agnata, a Tempio Pausania insieme a Dori Ghezzi.

Nel 1979 la coppia fu rapita dall’Anonima Sequestri  Sarda e tenuta prigioniera presso Pattada, per essere liberata, dopo quattro mesi dietro riscatto, di 550 milioni di lire, pagato dal padre Giuseppe.

L’esperienza del sequestro si aggiunse al già consolidato contatto con la realtà e con la vita della gente sarda che gli avrebbe ispirato diverse canzoni. Tracciò un racconto pacato dell’esperienza ed ebbe parole di pietà per i suoi carcerieri. Al processo, De André perdonò i suoi carcerieri, ma non i mandanti perché economicamente agiati, tra cui c’erano un veterinario toscano e un assessore comunale sardo del PCI.

Nel 1980 incide il 45 giri Una storia sbagliata i cui brani sono scritti con Massimo Bubola. Fabrizio ricorderà in un’intervista a proposito di Una storia sbagliata:

« Nel testo di Una storia sbagliata rievoco la tragica vicenda di Pier paolo Pasolini. È una canzone su commissione, forse l’unica che mi è stata commissionata. Mi fu chiesta come sigla per due documentari-inchiesta sulle morti di Pasolini e Wilma Montesi.”

Nell’84 esce Creuza de ma disco dedicato alla realtà mediterranea e cantato interamente in genovese. Questo disco segna uno spartiacque nella carriera del cantautore: Fabrizio esprime la volontà di non cantare più in italiano ma di concentrarsi esclusivamente sul genovese.

Creuza de mä è oggi considerato di fatto una pietra angolare dell’allora nascente world music.

Nel 1989 sposa Dori Ghezzi a Tempio Pausania, con Beppe Grillo, come testimone di nozze.

Il suo album successivo viene pubblicato all’inizio del 1990: il titolo, “Le nuvole”, allude ai potenti che oscurano il sole.

Con questo album De André torna in parte al suo stile musicale più tipico, affiancandolo alle canzoni in dialetto e all’ispirazione etnica.

Nel 1997 esce Mi innamoro di tutto una raccolta in cui duetta con Mina ne La canzone di Marinella, e che sarà l’ultima pubblicazione della sua vita: la copertina è una delle più celebri e riprodotte immagini artistiche di De André, una foto scattata dalla moglie Dori Ghezzi raffigurante il cantautore con la sigaretta in mano.

Nell’estate1998 De André si esibisce in una nuova tournée che tocca varie località italiane, assieme a tutta la famiglia: Cristiano, Dori Ghezzi, Luvi nei cori e come seconda voce.

Dopo il concerto a Roccella Ionica nel 1998, era prevista un’altra tappa a Saint Vincent. Tuttavia durante le prove De André non riusciva a sedersi e imbracciare la chitarra e aveva un forte dolore al torace e alla schiena. Qualche giorno dopo gli fu diagnosticato un carcinoma polmonare che lo portò a interrompere definitivamente i concerti.

Muore, a 58 anni, all’istituto Tumori di Milano, l’11 gennaio 1999.

I funerali si svolsero a Genova con una folla di oltre diecimila persone.

De André è tuttora molto presente nella memoria collettiva che lo ricorda come “il cantautore degli emarginati “. Scelse di sottolineare i tratti nobili e universali degli emarginati, affrancandoli dal ghetto degli indesiderabili e mettendo a confronto la loro dolorosa realtà umana, con la cattiva coscienza dei loro accusatori.

Dopo la cremazione, le ceneri vennero disperse, per sua volontà, nel Mar Ligure.

Considerato da gran parte della critica uno dei più grandi cantautori italiani di tutti i tempi In quasi quarant’anni di attività artistica, De André ha inciso tredici album più alcuni singoli. Molti testi delle sue canzoni sono considerate vere e proprie poesie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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