La cultura sarda delle rendite di posizione

di Roberta Manca

Come tutti sanno la cultura riveste una importanza strategica per ogni comunità. Cultura intesa come sommatoria di sensibilità diffuse, conoscenze, competenze e abilità acquisite che qualifica e accompagna relazioni e benessere di vita dei cittadini. Cultura dunque come espressione di una identità.

In Sardegna si fa un gran parlare di cultura e nei discorsi la si mette un po’ dovunque, magari accompagnandola con enfasi insieme a altre espressioni come popolo sardo, sostenibilità e resilienza, spesso trascurando una delle prime forme di trasmissione della cultura: la lingua sarda con le sue varianti

In altre parole ci si riempie spesso la bocca senza comprendere che alle parole devono seguire dei fatti. La politica in tale contesto gioca un ruolo determinante perché essa è in grado di indirizzare e promuovere azioni e programmi di breve, medio e lungo termine. Ci sono diverse leggi che sono state emanate per sostenere la cultura ma la domanda che mi pongo è: chi beneficia di queste provvidenze e, soprattutto, quali sono i risultati che si ottengono da tali interventi?

Certo vi sono delle manifestazioni che da sempre rivestono una importanza assai rilevante da un punto di vista identitario e delle tradizioni locali. Penso alla sagra di S.Efisio, alla Sartiglia, alla Cavalcata sarda, alla Festa del Redentore. Poi ci sono altre manifestazioni spettacoli, eventi musicali, di danza, di teatro, letterari e artistici. In realtà lo scenario degli operatori culturali e delle azioni che essi svolgono è assai vario e articolato.

Nessuno o pochi si preoccupano però di andare a vedere cosa rimane di questi interventi a favore della popolazione e quali tangibili benefici essa ne ha ottenuto.

Spesso accade che molti eventi vengano finanziati non tanto per la qualità dei servizi resi, piuttosto per garantire aiuti agli amici con stipendi e occupazione. In questa ottica si segnala peraltro anche una certa marginalità che la cultura e il turismo hanno sempre avuto nella programmazione regionale e locale. Per anni i vertici degli enti strumentali preposti in questi ambiti rappresentavano “il contentino” per i trombati della politica o uno spazio per sistemare parenti e amici, indipendentemente dalle qualifiche e titoli da essi posseduti. E’ stato così per anni e tutti sapevano…Per la verità ancora oggi le cose non vanno molto diversamente anche se  vi sono dei segnali di timido cambiamento.

Nei giorni scorsi si è criticato il Bando regionale delle grandi manifestazioni di richiamo turistico e culturale. Lo hanno criticato soprattutto coloro che hanno perso la gara, perché non hanno inviato per tempo il progetto, o perché la documentazione inviata risultava incompleta. A posteriori essi hanno detto che il Bando era ingiusto perché non premiava i progetti migliori e i più belli o quelli che avevano una storicità di realizzazione.

Mi domando: se questi signori lo avessero vinto, avrebbero detto qualcosa? Avrebbero preso posizione o speso una parola per gli altri progetti esclusi?

Purtroppo molti di coloro che hanno vinto questo bando non potranno beneficiare dei contributi perché l’esito della selezione è pervenuto solo il 2 dicembre e considerato il breve termine e la generale situazione causata dal Covid 19, essi dovranno rinunciare al contributo. La cosa buffa di questa procedura è però riferita alla circostanza che gli stessi beneficiari avrebbero dovuto rinunciare al contributo entro il 1° dicembre, ovvero un giorno prima di aver conosciuto l’esito della selezione avvenuto, come detto, il 2 dicembre. Ora non sappiamo se l’Assessorato darà una proroga per il 2021…chiaramente “gli esclusi” di cui parlavo prima si stanno dando un gran da fare per evitare che questa proroga venga concessa allo scopo di poter riprendere ciò che non anno avuto nel 2020

Altro problema lo si è avuto con il Bando della Cultura del Comune di Cagliari dove non si tiene conto della Pandemia e dei problemi che tutti stanno vivendo. In altre parole i vincitori di questo bando devono comunque realizzare gli eventi entro il 2020, pena la perdita dei contributi. Da più parti è stata chiesta una proroga ma l’Assessorato è irremovibile e non intende concedere uno slittamento delle attività al 2021.  DI questo chi se ne avvantaggerà?

Altro discorso sarebbe quello di vedere chi e come vengono gestiti siti di interesse culturale, ambientale, storico e archeologico o quello di vedere chi e in base a quale titolo si benefici di sedi associative o logistiche date in concessione. Ma questo è altro tema che ci porterebbe troppo nello specifico e lontano dal senso di queste considerazioni.

Da quanto esposto si capisce quanto sia farraginosa e complessa anche la macchina amministrativa del settore culturale e del turismo. Forse è il caso di cambiare qualcosa, non trovate?

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