Riformatori: in Sardegna liste d’attesa lunghissime per le prestazioni sanitarie 

Spendiamo pro-capite 2062 euro all’anno contro la media nazionale di 1838 secondo lo studio 2017 dell’Università Cattolica di Roma. Che fare? La mozione sulle liste di Attesa di Pierpaolo Vargiu dei Riformatori Sardi è stata approvata in Parlamento

 di Annalisa Pirastu

“La Regione spende circa il 55% delle risorse per la Sanità eppure ci sono lunghe liste d’attesa. Il piano nazionale del 2010-2012 per il contenimento delle liste (PNGLA) prevede 30 giorni massimi di attesa. Una visita colonscopia al SS. Trinità 307 giorni per fare un esempio. Cioè 277 giorni in più”. Lo sostengono i Riformatori che hanno incontrato i giornalisti per parlare del problema delle liste di attesa negli ospedali sardi.

Intanto è in via di definizione il nuovo PINGLA preceduto dalla discussione Parlamentare che ha visto l’approvazione della mozione sulle liste d’attesa presentata da Pierpaolo Vargiu dei Riformatori.

“Se la Regione spende ogni anno dai 300 ai 350 milioni di euro in più rispetto ai tre miliardi di euro assegnati dal FSN per garantire i Lea c’è evidentemente uno scollamento tra la pianificazione e la realtà dei fatti” dicono i Riformatori. . “La nuova Direzione Generale di Sassari, ATS” dice Attilio Dedoni Presidente della Commissione d’inchiesta sulla spesa sanitaria in Sardegna “non sembra aver fatto decrescere il fenomeno,  è un problema che attiene all’organizzazione del comparto. L’art. 12 del codice del consumo dice che all’ utente va garantita appropriatezza clinica e organizzativa e invece il dramma delle liste d’attesa infinite equivale a un accesso negato alla prestazione.”

“Dal sito  delle aziende sarde nella sezione trasparenza” suggeriscono i Riformatori,  “si possono consultare i giorni di attesa per ciascuna specialità. Il primato va all’Ospedale San Francesco di Nuoro con 577 giorni (quasi due anni ) per una mammografia. Stiamo parlando quindi di prestazioni sanitarie anche a rischio di patologie potenzialmente mortali.”

“Occorre riorganizzazione e investimenti, non parole” dice Vargiu. Bisogna fare innovazione tecnologica cioè sostituire i macchinari obsoleti e  farli lavorare a pieno regime. Non dalle 8 alle 14 come succede  in molte strutture sanitarie. E’ necessario inoltre implementare e qualificare gli organici. Le liste d’attesa creano sofferenza qualitativa ed escludono i deboli dalle cure, indirizzandoli alla prestazione privata. L’ Istat comunica che 11 milioni di Italiani rinunciano alle prestazioni sanitarie a causa del costo dei ticket e non possono andare dal privato. Queste modifiche devono andare di pari passo  con i codici U.B.D.P. a seconda della gravità della situazione del paziente. “

“Bisogna ripensare l’intero sistema” concludono i Riformatori  “implementando il monitoraggio  dei dati per fare liste delle varie patologie in modo da poter agire a ragion veduta. Far crescere il monitoraggio remoto dei pazienti e creare corsie differenti per i malati cronici. Si eviterebbero intasamenti a vari livelli per esempio al pronto soccorso.”

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