Rubrica: “La Sardegna dei Comuni” – Carloforte

Ogni settimana raccontiamo la storia di un paese della Sardegna per far conoscere le sue particolarità, la sua storia, le sue bellezze e la sua comunità

di Antonio Tore

Carloforte (U Pàize, ossia “Il Paese” in ligure tabarchino, Carluforti in sardo campidanese) conta oltre 6.000 abitanti e si trova nella provincia del Sud Sardegna.

La cittadina è situata sull’isola di San Pietro e costituisce, insieme alla vicina isola di Sant’Antioco, L’arcipelago del Sulcis.

Il toponimo – di chiara matrice italiana – alla lettera significa «Carlo (il) forte», ma probabilmente si voleva intendere «(il) forte di (re) Carlo», in quanto fu costruito a difesa dalle incursioni dei pirati saraceni.

L’isola fu frequentata dall’uomo sin dal periodo prenuragico e nuragico, come testimoniato dalla presenza di domus de janas e nuraghi (Papassina, Bricco del Polpo, Laveria, Le Lille). Intorno all’VIII i fenici edificarono un insediamento stabile, chiamato “Inosim” (isola degli sparvieri), dotato di un porto, nei pressi dell’odierna Torre di San Vittorio. L’isola fu successivamente occupata dai punici; il loro insediamento con resti di fortificazioni, un tempio e una necropoli è stato individuato nella parte nord dell’odierno abitato di Carloforte.

Carloforte fu colonizzata, dopo secoli di abbandono, nel 1738 da marinai che provenivano da Pegli, che arrivavano, comunque, da Tabarka, isola oggi collegata alla costa della Tunisia.

I suoi abitanti partirono nel 1542 da Pegli e dai vicini paesi della riviera ligure e, al seguito dei Lomellini, ricco casato genovese dedito ai traffici che aveva avuto concessioni territoriali in quei luoghi, si insediarono sulla costa tunisina nell’isolotto di Tabarka dove pescarono corallo e vennero, per questo, definiti “tabarchini”.

Poiché negli anni a Tabarka era diminuito il corallo, e stanchi delle vessazioni subite dai rais locali,  nel 1738  alcuni tabarchini, con a capo Agostino Tagliafico, chiesero al Re Carlo Emanuele III di Savoia, un luogo per continuare in tranquillità i loro commerci, soprattutto di spezie e stoffe pregiate, con il resto del Mediterraneo. Il Re acconsentì alla loro richiesta e gli concesse, mediante una regolare infeudazione, l’isola degli Sparvieri (Accipitrum Insula)

In onore del Re, i nuovi abitanti eressero una statua nella piazza principale del paese e come segno di riconoscimento e fedeltà, il paese fu chiamato Carloforte (Forte di Carlo) e a San Carlo Borromeo fu dedicata la chiesa parrocchiale, alla quale il re donò, per l’occasione, un pregiato quadro raffigurante il santo patrono.

Nel 1798 Carloforte subì una feroce incursione piratesca: più di novecento suoi abitanti furono catturati e tenuti schiavi a Tunisi per cinque anni. Durante questo periodo uno dei carlofortini catturati, Nicola Moretto, rinvenne sulla spiaggia di Nabeul, vicino a Tunisi, una statua lignea che si ritenne rappresentante la Madonna. Il ritrovamento fu considerato miracoloso, dando origine al culto della “Madonna dello Schiavo” quale protettrice dei tabarkini. Successivamente gli schiavi furono liberati, pagando un oneroso riscatto, dal re Carlo Emanuele IV di Savoia. Al momento della liberazione la piccola statua della Madonna fu portata anch’essa a Carloforte, e per accoglierla fu costruita l’omonima chiesa della “Madonna dello Schiavo”.

Pochi anni prima, nel 1793, la cittadina era stata invasa dai francesi nelle fasi post-rivoluzionarie che travagliarono l’Europa: dagli occupanti, l’isola fu definita “isola della libertà”.

Con l’avvento della breve dominazione francese (durata pochi mesi: 8 gennaio-26 maggio) una parte della popolazione inneggiò ai nuovi principi sociali di libertà, fraternità e uguaglianza della rivoluzione, altri furono avversi, ci furono di conseguenza disordini e conflitti nel paese; in tale periodo convulso i sostenitori del re rimossero la statua del re sardo, tentando di nasconderla, seppellendola il più presto possibile (i rivoluzionari erano ovviamente nemici del re sardo) perché non fosse deturpata sostennero molti, o si dice anche per dimostrare ai nuovi conquistatori francesi e dei loro sostenitori di essere dalla loro parte, altri sostennero maliziosamente che sarebbe stato utile conservarla per rimetterla al suo posto una volta allontanati i francesi dall’isola, come infatti poi avvenne. Comunque nei ristretti tempi concessi prima dell’arrivo della soldataglia francese, la buca faticosamente scavata in fretta sotto il piedistallo, si rivelò non abbastanza profonda, dato che dopo aver calato al statua nella buca il braccio della statua rimase emergente; non essendo possibile risollevare la statua per fare la buca più profonda, il braccio fu spezzato intenzionalmente con un colpo di mazza, affinché nulla sporgesse, e non ci fosse alcun segno visibile del seppellimento. La statua fortunosamente salvata, non deturpata, ma col braccio destro spezzato, è così ancora oggi, come si può vedere, ritornata sul piedistallo nella piazza del lungomare della cittadina, a ricordo e testimonianza di quel convulso e non edificante momento storico.

Carloforte vive tutti gli anni celebrazioni di gemellaggio con Pegli. Anche l’architettura, la cultura, i costumi, gli usi di Carloforte sono di tipo strettamente ligure.

Chiesa dei Novelli Innocenti

Costruita antecedentemente alla colonizzazione dell’isola, fu eretta in memoria dei giovani e bambini facenti parte della cosiddetta “Crociata dei fanciulli” che partì da Marsiglia nel 1212. Due delle sette navi che componevano la flotta affondarono al largo dell’isola di San Pietro, dove tutti i naufraghi perirono e alcuni vi furono sepolti. La chiesa dei Novelli Innocenti fu eretta in memoria di essi per volere del Papa Gregorio IX. La piccola chiesa ridotta a rudere fu restaurata dai tabarchini all’epoca della colonizzazione. È ubicata nella parte sud dell’abitato.

Chiesa della Madonna dello Schiavo

Dedicata alla omonima Madonna, è ubicata nella centralissima Via XX Settembre e accoglie la statua venerata dai carlofortini esuli in Tunisia. È detta anche chiesetta del “Previn” (“il pretino”) in memoria di don Nicolò Segni, il sacerdote giovanissimo che volle essere prigioniero insieme agli schiavi carlofortini in Tunisia. In onore della Madonna dello Schiavo un nome molto diffuso fra le figlie femmine nelle famiglie carlofortine era in passato “Schiavina”.

Nell’isola sono tante le cale e spiagge: a nord si trova, ad esempio,  Cala Vinagra, a nord-ovest il fiordo che si chiude con Cala Fico, a ovest il promontorio di Capo Sandalo, dominato dal faro ottocentesco più occidentale d’Italia, a sud la spiaggia La Bobba, le scogliere a strapiombo della Conca e Le Colonne, due faraglioni emergenti dall’acqua, simbolo di Carloforte.

Un’esperienza imperdibile è la cucina carlofortina. Fra maggio e giugno, un evento gastronomico internazionale ne esalta le specialità con competizioni culinarie e live cooking: è il Girotonno. Il tonno viene rivisitato in fantasiose ricette, partendo dall’idea che del “tonno non si butta via niente”. Non da meno, è la pittoresca sagra del cus cus tabarkino, il 25 aprile.

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