E se parlassimo di specialità aumentata?

di Roberto Copparoni

In questi giorni assistiamo a una serie di prese di posizione a favore o contro l’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario…Tutti ne parlano ma non sono tanti coloro che hanno effettivamente compreso quali priorità si vogliono cogliere. E se invece parlassimo di specialità aumentata per la Sardegna?

Il tema dell’autonomia differenziata da alcuni mesi è al centro di una serie di dibattiti. Su questo tema si sono registrate notevoli divergenze e differenze di vedute. Per alcuni è la panacea di goni male, per altri un vero disastro che rischia di favorire solo le regioni più ricche, in danno delle altre.

Come noto l richiesta è partita da nove regioni (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Liguria, Toscana, Marche, Umbria e Campania, che poi sono fra le Regioni più ricche d’Italia), In Lombaria e Veneto  si è anche svolto un referendum nel 2017 che ha confermato la richiesta e oltre a queste ultime anche con Emilia-Romagna e Piemonte si è giunti alla fase di intese tra regioni e governo. Ma cosa si intende per autonomia differenziata

Trattasi  di una potestà riconosciuta alle Regioni a Statuto ordinario dall’articolo 116 della Costituzione dopo la modifica avvenuta con la riforma costituzionale del Titolo V approvata nel 2001.

L’art. 116 della Costituzione, al terzo comma prevede: “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata”.

 L’articolo 116, che nel primo e secondo comma riconosce le regioni a statuto speciale, dunque prevede la possibilità di attribuire forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario (“regionalismo differenziato” o “regionalismo asimmetrico”, in quanto consente ad alcune Regioni di dotarsi di poteri diversi dalle altre). In questo modo si creano le condizioni per consolidare vecchie fratture mai del tutto guarite, neppure dalla unificazioni italiana.

In quali ambiti possono essere riconosciute forme ulteriori di autonomia?

Sono le materie che l’art. 117, terzo comma, attribuisce alla competenza legislativa concorrente.

Queste materie sono: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.

Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

​Le competenze esclusive dello Stato

Esiste poi un ulteriore limitato numero di materie riservate dallo stesso art. 117 (secondo comma) alla competenza legislativa esclusiva dello Stato: organizzazione della giustizia di pace norme generali sull’istruzione tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

Su questo tema si dovrebbe aprire una parentesi sul Turismo, materia che pur non rientrando fra le competenze esclusive dello Stato, recentemente è stata avocata dallo Stato e le negative conseguenze sono rappresentate da un quadro normativo assai precario e discutibile che di fatto ha solo impedito alle regioni di legiferare, in ambito concorrente,  in materia di turismo e soprattutto di professioni turistiche.

Infatti dal 2017 la Sardegna attende la famosa legge quadro sul riordino delle professioni turistiche e in modo particolare per quella di Guida turistica.

Detto ciò, tornando al problema della autonomia differenziata, ritengo che per le Regioni a Statuto speciale il problema non si ponga. Infatti soprattutto per la Sardegna basterebbe applicare lo Statuto speciale per essere salvaguardati. In verità si dovrebbe fare anche di più, ovvero ridisegnare per aggiornare la nostra autonomia speciale ai mutati contesti socio economici e produttivi che l’Italia ha raggiunto rispetto agli anni in cui, nel primo dopo guerra, ci coniava l’autonomia a Statuto speciale per la Sardegna. Dico questo perché per certi aspetti molti statuti delle regioni a statuto ordinario, realizzati negli anno ’70, sono molto più funzionali e attuali rispetto al nostro datato Statuto speciale.

Ora anche la Conferenza Stato regioni ha espresso un parere favorevole alla riforma e anche il Presidente della Giunta della Regione Sardegna Solinas ha dato il suo consenso, peccato che questa decisione sia stata presa senza coinvolgere minimamente il Parlamento sardo che è stato convocato a posteriori solo per ratificare quanto già deciso.

Quindi il vero problema non è quello di ostacolare l’autonomia differenziata, ma quello di mostrare con forza e determinazione le ragioni della nostra specialità e dare attuazione, concretezza e incisività al nostro formale dettato normativo che, come detto. necessita peraltro di una ampia revisione, sulla base della insularità e sulla necessità di fiscalizzare sulla nazione i maggiori oneri che l’insularità comporta per tutti, soprattutto per i sardi. Così come sostengono con approcci differenti autorevoli studiosi fra cui anche il Prof. Pubusa e il Prof. Demuro dell’Università di Cagliari.

Del resto se vogliamo davvero un’Italia unica e indivisibile dobbiamo affrontare una volta per tutte anche questo!

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