Le libertà negate: Perù

di Roberto Copparoni

Analisi della testimonianza di una donna sardo peruviana che il 16 febbraio ha testimoniato a Cagliari la grave crisi politica, economica e sociale che questo grande Paese della America Latina sta attraversando.

Locandina dell’evento

Scheda sul Perù:

Il Perù, ufficialmente Repubblica del Perù, è uno Stato dell’America meridionale. Confina a nord con l’Ecuador, a nord-est con la Colombia, a est con il Brasile, a sud-est con la Bolivia, a sud con il Cile e a ovest con l’oceano Pacifico. Il Perù è un paese megadiverso, con habitat che variano dalle pianure aride della costa del Pacifico alle vette delle Ande che si estendono da nord a sud-est e alle foreste tropicali del bacino amazzonico a est, con il Rio delle Amazzoni. Con 1,28 milioni di km², il Perù è il diciannovesimo paese più grande al mondo, nonché il terzo in Sudamerica.

Capitale Lima (9.822.514 abitanti stima 2017)

Abitanti: 33.108.624 (stima 2020)

Il territorio peruviano è stato sede di diverse antiche culture, che vanno dalla civiltà Caral, la civiltà più antica d’America e una delle cinque culle della civiltà, all’impero inca, lo Stato più grande dell’America precolombiana. Il territorio che ora include il Perù ha una delle più lunghe storie di civiltà di qualsiasi paese, che fa risalire la sua eredità al quarto millennio a.C.

Grazie alla sensibilità mostrata da alcune associazioni di Cagliari e da alcuni docenti dell’a locale Università Clara Reinalda Virdis Granata ha potuto presentare con video e foto la grave crisi che da anni sta vivendo il Perù. Paese che nel giro di 5 anni ha cambiato ben 6 Presidenti della Repubblica e che oggi è sull’orlo della guerra civile. Il 7 dicembre 2022 il Capo di Stato Pedro Castillo fa un tentativo di colpo si stato dichiarando la chiusura del Congresso. Da qui i gravi fatti denunciati da Clara.

Nel suo intervento sono stati presentati dei fatti realmente accaduti e di cui nessuno parla.

Clara Virdis nel corso della presentazione

Il Perù è in crisi da tempo

La popolazione civile non si sente identificata con il Congresso neppure dai partiti politici poiché rappresentano l’immagine corrotta di come viene gestita la politica in Perú, un esempio di questo sono l’ex presidente Alberto Fujimori e gli ultimi 6 presidenti che sono attualmente in carcere e con processi per appropriazione indebita, ad eccezione di Alan García che ha preferito suicidarsi o come credono la maggioranza della popolazione peruviana ha simulato la sua morte per fuggire dal Paese giacché era anche indagato per corruzione. Nel tentativo di allontanarsi dall’ombra dell’eredità di Alberto Fujimori, nelle ultime 3 elezioni elettorali sono stati eletti presidenti che non rappresentano la popolazione peruviana. Per evitare la candidatura di Keiko Fujimori considerata “il male maggiore” sono stati eletti altri presedienti come: Ollanta Humala nel 2011; Pedro Pablo Kuczynski nel 2016 e l’ultimo presidente Pedro Castillo nel 2021 tutti eletti al secondo turno considerati tutti “il male minore”. Dal 2018 ad oggi, il Perù ha avuto 6 presidenti, 2 dei quali eletti dalle elezioni e vacati per corruzione, 4 di loro erano ad interim e i restanti 2 hanno anche processi giudiziari in corso. Essi sono:

-P. P. Kuczynski 28/07/2016 – 23/03/18 1 anno 8 mesi

-Martin Vizcarra 23/03/18 – 9/11/2020 2 anni 8 mesi

-Manuel Merino 10/11/2020 – 15/11/2020 5 giorni

-Francisco Sagasti 17/11/2020 – 27/07/21 8 mesi

-Pedro Castillo 27/07/21 – 7/12/22 1 anno 5 mesi

-Dina Boluarte 07/12/22 in carica

Da alcuni mesi il Perú é in protesta con una serie di manifestazioni sociali organizzate dalle organizzazioni civili di base, universitá, comunitá indigene, societá civile ecc. Questi manifestanti stanno pacificamente esercitando il loro diritto allá protesta, nonostante il governo di Dina Boluarte (attuale reggente) abbia optato per reprimere le manifestazioni e criminalizzare i partecipanti.

La repressione si é concentrata soprattutto nel sud del paese, territorio delle popolazioni Aymara e Quechua, dove sono morte più di 83 persone uccise con armi da fuoco e fra questi diversi minorenni. Dal 16 gennaio diverse delegazioni campesine e le organizzazioni  sociali grazie alle reti comunitarie di reciprocitá e solidarietá andina si sono mobilizzate verso Lima, la capitale del paese,  per portare le richieste di giustizia davanti agli atti di violazione dei diritti umani.

La popolazione cosa chiede:  1) Chiusura del Congresso 2) Dimissioni della presidentessa Dina Boluarte 3) Elezioni anticípate 4) Formazione di una Assemblea costituente

Durante questo periodo di lotta popolare sono nate le PENTOLE COMUNI: “OLLAS COMUNES” bellissima esperienza di condivisione e di solidarietà, portata avanti soprattutto dalle donne campesine.  Un atto di amore per tutti coloro che lottano contro le ingiustizie. A questo proposito Clara aggiunge:

“Nutrire un altro essere umano, è l’atto d’amore più sublime. Una madre lo fa dal cordone ombelicale con suo figlio e continua a farlo con il latte materno, e così sarà sempre, e quando i figli cresceranno, se mancherá loro il cibo lei provvederà sempre e comunque”.

Clara aggiunge: “Qui siamo come fratelli, tutti uniti e senza differenze”

Sotto questo principio funzionano «las ollas comunes, le pentole comuni» della piazza Tupac Amaru, detto Túpac Amaru II (nato a Tinta, 19 marzo 1738, deceduto a Cusco, 18 maggio 1781, è stato il capo di una rivolta indigena contro gli spagnoli)  e sono la prova che l’amore guida queste lotte sociali, che non è la legna da ardere che riscalda il cibo, ma la forza della speranza di quella madre che dice a suo figlio, di continuare a resistere, e manifestare per un futuro migliore, per un Perú piú giusto.

PENTOLE COMUNI: “OLLAS COMUNES
Le donne preparano i pasti caldi per i manifestanti

Ai piedi del monumento a José Gabriel Condorcanqui, detto Túpac Amaru, fin dalle prime ore del mattino, molte mani si uniscono, preparano il cibo, grano di riso, sbucciano patate, tagliano le verdure, preparano dei cibi caldi, pensano a migliaia di persone da sfamare e a dare a tutti i fratelli un piatto caldo.

A volte riposano, quando hanno finito di cucinare, pulire e servire il cibo, parlano, condividono le loro esperienze, le loro paure. Esse hanno imparato a guardare negli occhi e a testa alta tante persone che passano davanti a loro e fanno finta di nulla come se non ci fossero o, peggio, avvertire nei loro confronti disapprovazione, disprezzo classista e razzista che queste persone manifestano

Questo accade perché non tutta al popolazione è solidale in questa lotta, infatti coloro che sono benestanti o appartenenti a classi sociali più agiate disapprova queste forme di protesta.

Che piova o splenda il sole, che la polizia le fermi o le arresti, o a rubar ele scorte di cibo e le donazioni che vengono fatte dai cittadini  le donne sono sempre lì, pronte a servire un piatto di cibo, rispondendo con amore alla repressione.

Ci sono molti modi per mettere portare avanti questa lotta Anche la musica, il canto e la danza aiutano molto.

La voce dei Sikuris: “Resistenza senza violenza”

“Cinque secoli resistendo – Cinque secoli di coraggio – Mantenendo sempre l’essenza- E’ la tua essenza – É un sempre che si trova dentro di noi per sempre – Si insemina con il sole e fiorisce nella Pachamama”

Il ritmo un po’ marziale della danza dei sikuris, ha le proprie origini nella regione dell’Altipiano. Si balla in gruppi numerosi costituiti da comparse che si organizzano in grandi circoli intorno ai musicisti che suonano flauti di diverse misure. La coreografia denota la complementarietà e l’armonia che regge ogni gruppo umano, poiché un gruppo di esecutori solo può emettere la metà delle note richieste ed è indispensabile la partecipazione di un altro gruppo per integrare la melodia.

Al ritmo dei nostri tamburi, del nostro sikuri, chiedendo ai nostri Apu che ci illuminino, che ci mostrino il camino per poter andare avanti, per il nostro popolo, per la vita della nostra gente, denunciamo questo governo oppressore, non piú morte per la popolazione, non piú massacro, non siamo terroristi, non siamo delinquenti, siamo vostri fratelli, siamo il vostro Popolo, siamo la vostra gente.

Il nostro símbolo é la wifala, la nostra identitá, simbolo di solidarietá con il nostro Popolo che soffre, da Cusco i sikuris ci pronunciamo e siamo presenti.

La wifala

Il popolo vuole la chiusura del Congreso …,” un Congresso che non ci rappresenta, che lavora contro il Popolo, che calpesta la vita e i diritti umani.  Non piú sofferenza, non piú dolore, un pensiero per  tutti i nostri Fratelli caduti, ai quali rivolgiamo anche alle loro famiglie  le nostre piú profonde e sentite condoglianze. Tutti soffriamo per il massacro che questo governo indolente sta perpetrando in danno del suo popolo.

Per la vita e dignitá del nostro Popolo, per i Fratelli di Juliaca, (Juliaca è una città del Perù meridionale, nella regione di Puno, capoluogo della Provincia di San Román), di tutto il  Perú, continuiamo in questa resistenza, senza violenza. Non siamo terroristi, non siamo delinquenti siamo solo fratelli che lottano per la libertà e la democrazia.

° Le immagini sono state fornite da Clara Virdis

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