Rubrica: “La Sardegna dei Comuni” – Gonnesa

Ogni settimana raccontiamo la storia di un paese della Sardegna per far conoscere le sue particolarità, la sua storia, le sue bellezze e la sua comunità

di Antonio Tore

Gonnesa è un comune del Sud Sardegna di quasi 5.000 abitanti e confina con Iglesias, Portoscuso e Carbonia.

L’area fu abitata fin dall’epoca nuragica come testimoniato dal complesso nuragico di Seruci e dagli altri nuraghi sparsi nel territorio (S’Erbexì, Serra’e Nuraxi, Murru Moi, Serra Maverru, Ghilotta, Maiorkina, Genna’e Rej, Mureci, Campu’e mari).

Anche Fenici, Punici e Romani, come attestano numerosi reperti, attratti dalla ricchezza dei minerali presenti nel suo sottosuolo (zinco, rame, piombo, argento), lo occuparono per lunghi periodi.

Gonnesa, popolata fin dal 1000 – 1200, sorse come domus o domestica, cioè centro di aggregati rurali di proprietà del giudice o di membri della sua famiglia. Sino al 1257 Gonnesa appartenne al Giudicato di Cagliari, successivamente, dal 1258 al 1400, dopo varie e cruente battaglie tra le potenze dell’epoca, passò, prima, sotto la dominazione della famiglia Donoratico, poi, sotto quella dei Pisani ed, infine, a quella degli Aragonesi.

Nel medioevo l’abitato, chiamato Conesium e Conesa o Conesi , il villaggio veniva registrato come domus o domestica, cioè centro di aggregati rurali e sino al 1257 appartenne al Giudicato di Cagliari.

Gonnesa passò poi alla famiglia della Gherardesca e, successivamente al regno di Sardegna. Nel suo territorio vi si crearono diversi “Furriadroxius “, cioè del piccoli centri di case coloniche costruite nelle campagne dove vi abitavano poche famiglie dedite alla pastorizia e all’agricoltura .

Segno che il villaggio non era del tutto spopolato è anche una reliquia dedicata a Sant’Andrea e conservata nella chiesa parrocchiale che porta incisa una data “1748 ” donata al villaggio dal Canonico “Antioco Sulas ” in cambio delle decime del raccolto di quell’anno .

Nel corso della seconda metà del XIX, grazie alla ripresa dell’attività mineraria, il territorio fu interessato da una notevole crescita demografica e ai primi del XX il paese contava oltre 3000 abitanti. Nel maggio del 1906 a Gonnesa si verificarono gravi scontri tra minatori e forze dell’ordine che provocarono vari morti e feriti.

A partire dal secondo dopoguerra Gonnesa, così come il territorio circostante, subì la crisi del comparto minerario con la chiusura di numerose miniere.

Dalla metà dell’ottocento l’attività mineraria si sviluppò in maniera considerevole diventando sempre più l’attività preminente dei gonnesini e, grazie ad essa, la popolazione aumentò in misura notevole.

Da quest’epoca Gonnesa perdeva la sua fisionomia prettamente agro – pastorale diventando un importante villaggio minerario.

Nel mese di maggio 1906, Gonnesa fu teatro di una rivolta di popolo che si estese all’intero bacino minerario, per rivendicare maggiore dignità nel lavoro e più umane condizioni di vita. La ribellione fu duramente repressa dalle forze dell’ordine: si contarono 3 morti (Federica Pilloni, Giovanni Pili e Angelo Puddu), 17 feriti, 270 arresti .

La rivolta popolare di Gonnesa del Maggio 1906 si inserisce in un contesto più ampio che vede i moti, partiti da Cagliari, diffondersi in tutta la Sardegna. Questa lotta fu la prima presa di coscienza dello sfruttamento cui era sottoposta la classe lavoratrice sarda.

I primi minatori lavoravano in condizioni gravissime che rasentavano la schiavitù: il lavoro era continuo e logorante, molto pericoloso e sottopagato. Mancava qualsiasi forma di assistenza sociale e previdenziale da parte dello Stato e il lavoratore con la misera paga non era in grado di sfamare la propria famiglia.

L’operaio, inoltre, era legato all’azienda da un vincolo che prese il nome di “Ghignione”. Questo era un buono acquisto di cui si poteva usufruire soltanto nello spaccio dell’industria, che vendeva a prezzi più alti dei negozi le merce scadente. Queste condizioni portarono scontenti e malumori che sfociarono nella rivolta del Maggio del 1906.

La rivolta fu spontanea e dettata da fame e disperazione: i dimostranti chiedevano l’intervento del sindaco sul caro-viveri, dazio e tasse comunali. Dopo aver incendiato la cantina e l’ufficio del dazio, da Gonnesa, la manifestazione si diresse verso Bacu Abis e Nebida. L’epilogo fu tragico: i carabinieri arrivati da Iglesias spararono sulla folla. A Nebida ci furono due morti e quindici feriti, a Gonnesa, come detto, tre morti e diciassette feriti.

La crisi dell’industria mineraria del secondo dopoguerra, con la cessazione quasi totale dell’attività delle miniere di carbone e la chiusura lenta ma inesorabile delle miniere piombo – zincifere, ha ridisegnato uno scenario economico – sociale del tutto nuovo e Gonnesa, oggi, con la sua storia, con la sua archeologia e con le sue bellezze naturali, pur senza dimenticare l’importanza economica che ancor oggi ha l’industria mineraria – nel suo territorio ha sede la più importante miniera di carbone italiana – punta decisamente sul turismo.

Il comune è incastonato nella gola di Gutturu Carboni, ai piedi del monte Uda, in un’area ricca di giacimenti sfruttati fin dall’Antichità. Anche la tradizione agricola è forte e ritorna ad agosto nella sagra del pane tradizionale e a inizio settembre nella festa di sant’Isidoro nella frazione di Nuraxi Figus.

Testimoniano l’epopea mineraria siti dismessi, immersi nei boschi di monte Onixeddu, Seddas Moddizus e monte San Giovanni, dove c’è il villaggio Normann. Qui la miniera è vicina alla grotta di santa Barbara, incontaminato gioiello della natura, con un piccolo lago, colonne di stalattiti e stalagmiti e arabeschi di aragonite.

Oltre che da resti di archeologia industriale, il territorio è punteggiato da siti preistorici, come le domus de Janas dell’altopiano di Murru Moi e, soprattutto, il complesso nuragico più importante del Sulcis, il villaggio di Seruci, costituito da un nuraghe complesso, antemurale turrito, una tomba di Giganti e un villaggio di oltre cento capanne, fra cui interessanti sono una con bancone-sedile alla base della pareti e un’altra con cortile rettangolare. Vari reperti che attestano la cospicua presenza di fenici, punici e romani, interessati all’abbondanza di giacimenti di argento, piombo, rame e zinco.

Lo splendido tratto costiero di Gonnesa è lungo tre chilometri, delimitato a nord da un villaggio minerario e a sud da una tonnara del Settecento. Il lungo litorale di sabbia fine e acque cristalline è formato da tre spiagge: Fontanamare, spiaggia di Mezzo e Porto Paglia.

Anche l’entroterra riserva suggestive sorprese: dalle selvagge e aride colline, altopiani di origine vulcanica e creste scistose. Su tutto il territorio si distende una variegata macchia mediterranea: corbezzolo, erica, ginepro, ginestra, leccio, mirto, olivastro e rosmarino. Da visitare la palude sa Masa, abitata da rare specie di uccelli acquatici, tra cui il pollo sultano e, in certi periodi dell’anno, aironi, fenicotteri e germani reali, e le arenarie del quaternario di Morimenta, dove fra i fossili fu ritrovato un rarissimo esemplare di elefante nano.

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