Rubrica: ”Una strada, un personaggio, una Storia” – via Antonio Bresciani

Ogni settimana parleremo di una strada raccontando la storia del personaggio a cui è dedicata. Si potranno scoprire così le persone, molte volte sconosciute, legate alla storia della Sardegna o Italiana tramite la loro biografia

di Annalisa Pirastu

 

Via Antonio Bresciani è una piccola traversa alla fine di via Caboni quando la stessa incontra la via De Gioannis.

Antonio Bresciani fu un gesuita e un letterato. I suoi genitori furono Leonardo Bresciani de Borsa e la contessa Vittoria Alberti, figlia di Cornelia Fregoso, la cui famiglia diede 12 dogi a Genova. Bresciani è stato autore di romanzi e saggi, cimentandosi in letteratura fin da giovanissimo E’ stato inoltre uno dei primi redattori del giornale “Civiltà Cattolica”. Nasce ad Ala nel 1798  e viene ordinato sacerdote nel 1821. Nel 1828 entrò nella Compagnia di Gesù, cioè divenne gesuita. Tenace avversario del Romanticismo, che per lui si identificava con l’aborrito liberalismo, scrisse soprattutto romanzi di carattere storico. Le sue opere furono tutte edite dalla Civiltà Cattolica.  La sua prosa è considerata un tipico esempio di retorica ottocentesca, chiesastica e anti patriottica  che indulgeva a un esteriore ricchezza rappresentativa.

Durante la sua carriera ecclesiastica gli si chiese di spostarsi in diverse città d’Italia come rettore di collegi. Visitò la Sardegna dal 1844 al 1846, apprezzando la Trexenta, l’Ogliastra, la Barbagia e la parte occidentale dell’isola. Animato dal desiderio di conoscere le tradizioni delle “nazioni antiche” si cimentò nella scrittura di un’opera sulla Sardegna. Il suo fu uno sguardo però molto angolato. Il Bresciani si rifaceva a una serie di dottrine oggetto di diverse critiche, secondo le quali molte usanze dell’isola derivavano dai popoli dell’Oriente. Su queste basi Antonio opera una serie di paragoni comparativi tra la Sardegna e gli antichi popoli orientali, senza nessun supporto scientifico, che gli attirerà numerose critiche, pur incontrando un certo successo di pubblico. L’opera da lui dedicata alla Sardegna si intitola “Dei costumi dell’Isola di Sardegna comparati con gli antichissimi popoli orientali” e viene pubblicata nel 1850. L’opera è divisa in due volumi.

Nel primo volume il gesuita si sofferma sulla storia, sulla geografia dell’isola, sui costumi e sulle tradizioni, nonché sulla descrizione fisica e morale dei suoi abitanti. Il Bresciani racconta di oliveti sterminati, di campi traboccanti di mandorli in fiore, di grandi spazi, di ciliegi, susini, fichi e altri frutti del “cielo remoto e stranissimo dell’Isola”, del sapore delle carni, del profumo dell’olio e del gusto del vino, sulla cui alta gradazione mette il forestiero sull’avviso.

Il secondo volume dell’opera è scritto in forma dialogica e immagina una conversazione tra quattro frati nel castello di Montalto in Toscana, che fanno delle considerazioni sulla terra appena visitata, mossi da un affetto sincero verso i sardi. Oltre a lodare il paesaggio il Bresciani nella seconda parte racconta degli usi dei contadini, dei pastori, dei pescatori, descritti nei loro gesti tipici e nei loro rituali spesso affiancandoli a quelli dei primi popoli dell’Asia. Tra qualche considerazione amara sullo spreco di risorse e sul carattere dei sardi, prevale nella sua narrazione un genuino entusiasmo: “Chi chiama la Sardegna malvagia, o non la vide mai, o non vide oltre agli aridi sassi delle costiere della Nurra, di Figari o di Tavolara” scrisse.

Celebre è la feroce stroncatura del suo romanzo L’ebreo di Verona e, in generale, di tutta la produzione del Bresciani, fatta da Francesco De Sanctis, che non gli risparmiò critiche anche sul carattere. « Il padre Bresciani è un uomo di poco ingegno e di volgare carattere, senza fiele, senza spirito, uno di quegli uomini tagliati così alla grossa, di cui si dice con benevolo compatimento: – gli è un buon uomo !” Anche Gramsci  nei suoi Quaderni indicò nel Brescianismo e nei suoi seguaci rispettivamente il carattere e i portatori di una «letteratura tutta verbale e di nascosti o manifesti spiriti reazionari».

Bresciani muore a Roma il 14 marzo 1862 e le sue spoglie riposano nella Chiesa del Gesù.

 

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