Rubrica: “La Sardegna dei Comuni” – Calasetta

Ogni settimana raccontiamo la storia di un paese della Sardegna per far conoscere le sue particolarità, la sua storia, le sue bellezze e la sua comunità

di Antonio Tore

Calasetta (Câdesédda in linguaggio ligure-tabarchino, Cal ‘e Sèda in sardo) è un comune del Sud Sardegna abitato da quasi 3.000 persone e confina con la cittadina di Sant’Antioco.

L’etimologia del toponimo Calasetta è ancora incerta ed ha interessato un gran numero di studiosi. Secondo Giovanni Spano, la denominazione deriverebbe da Calasèda, o Calesgèdda oppure Calaxedda diminutivo di cala (“piccola cala” o “piccolo porto”). Secondo altri, l’origine del nome sarebbe Cala de Sedda o Cal’e Sedda, Sedda,  che, in lingua sarda, significa “sella” o “sella di cavallo”, a causa dell’orografia del territorio nella zona della torre sabauda: il  punto più alto del borgo, appare come una specie di sella posta alla sommità di due lati discendenti dalla stessa.

Altri ancora, come ad esempio, Maria Cabras, ricercatrice storica locale, attribuiscono l’origine alla contrazione di Cala de Seda, cioè Cal’e Seda, o anche Cala Seda, cioè Cal’e Sera, ossia “Cala della Seta”. Sembra, infatti, che tale nome possa derivare dal fatto che il mare dell’arcipelago sulcitano abbondasse di particolari molluschi, da cui si ricavava la “seta di mare”, cioè una sorta di “seta naturale marina” ottenuta dai filamenti che secerne una specie di molluschi bivalvi marini (Pinna nobilis), dal cui interno i filamenti ricavati venivano utilizzati per la tessitura del bisso.

Il territorio calasettano ha origini molto antiche. Nella zona di Calasetta è stata riscontrata la presenza dell’uomo primitivo con la sua attività e cultura, come si rileva nella presenza del sito archeologico delle Domus de janas di Tupei di epoca prenuragica, risalente al 1500 a.C. In essa furono rinvenuti frammenti di terracotta, un pugnaletto di bronzo, una ciotola d’argilla e numerosi frammenti di una brocchetta.

Nelle campagne di Calasetta si riscontra l’esistenza di alcuni resti nuragici, tra cui si possono citare: Bricco Le Piane o Bricco delle Piane (su una collinetta alta 24 m.); Bricco Scarperino (alto 48 m.) e Bricco Sisineddu o Poggio Sisineddu (alto 40 m.). Nel dialetto di Calasetta “bricco” sta per collina.

Sono presenti nelle campagne del paese anche successivi insediamenti fenici, punici e romani, dei quali sono state ritrovate incisioni su una roccia trachitica. A 50 metri da Bricco Scarperino, invece, fu rinvenuto un mezzo sarcofago di origine punica o romana, mentre in località Campu Scia Maìn sono stati rinvenuti vari reperti romani (tutti in ossidiana nera): perforatori, punta di lancia, raschiatoi e numerosi coltellini, con frammenti di vasi in terracotta. A pochi metri dal Rio Tupei sono stati rinvenuti i resti di un’antica costruzione romana, con un muro maestro, due tronconi di muri laterali e un muro di tramezzo.

Nel Medioevo il territorio era frequentato dagli abitanti della vicina Sulki (attuale Sant’Antioco), colonia fenicia conquistata dai cartaginesi, che raggiunse il massimo splendore in età romana.

Alla metà del 1500 un gruppo di liguri, partiti da Pegli si diressero verso la piccola isola di Tabarka vicina alla costa della Tunisia.

Alla metà del 1700, essendo divenuta meno redditizia la pesca del corallo ed essendo peggiorati i rapporti con i tunisini, i coloni abbandonarono la Tunisia e ottennero dal re di Sardegna le concessioni a costituire due insediamenti; il primo, nel 1738, nell’isola di San Pietro, dove venne costituita Carloforte ed il secondo, quello di Calasetta, in una parte pressoché disabitata dell’isola di Sant’Antioco.

Il Re, Carlo Emanuele III di Savoia affidò all’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro il compito di guidare l’insediamento di Calasetta. L’ubicazione del nuovo borgo fu attentamente studiato anche dai funzionari governativi del Re, con la realizzazione dell’insediamento sulla sponda contrapposta al nuovo centro urbano di Carloforte, proprio in posizione strategica lungo le coste vicino al transito dei tonni.

In seguito arrivarono coloni piemontesi, che apportarono preziose tecniche di coltivazione vitivinicola, da cui nacque la produzione del famoso Carignano del Sulcis.

Le poche persone di origine piemontese che riuscirono a resistere e a sopravvivere a epidemie e pestilenze, furono comunque rapidamente e completamente assorbite dalla comunità tabarchina, assumendone la parlata ligure ma mantenendo l’abbigliamento tradizionale piemontese, come si evidenzia ancora nelle sfilate folcloristiche con il costume tipico di Calasetta esibito in diverse manifestazioni.

La costruzione dell’abitato di Calasetta, su progetto dell’ingegnere militare piemontese Pietro Belly, riprodusse, anche nelle dimensioni, il castro romano: in direzione est-ovest (corrispondente al decumano) e in direzione nord-sud (corrispondente al cardo o cardine).

L’agglomerato così progettato ebbe un impianto cartesiano caratterizzato da isolati regolari e spazi rettangolari o quadrati, seguendo i dettami dei piani urbanistici sabaudi allora in voga, dove il fulcro principale (in coincidenza dell’incrocio tra i due assi portanti viari ortagonali) era costituito dall’area di piazza Municipio (una specie di foro del pretorio), successivamente intitolata a Pietro Belly. Successivamente, l’ingegnere sabaudo Giovanni Francesco Daristo dispose, nel 1773, l’ampliamento del nuovo abitato, sviluppando l’impianto matrice dell’ingegnere Belly, che si caratterizza per gli elementi dell’architettura domestica della costa ligure tipicamente sette-ottocentesca.

Dalla fine del 1700 ad oggi la comunità calasettana ha mantenuto, quasi costantemente, sistemi di organizzazione sociale di origine tabarchina (linguaggio e tradizioni marinaresche), come Carloforte, ma con la differenza di subire anche l’influenza della cultura sarda proveniente dalla vicina cittadina di Sant’Antioco. Tutto ciò è stato favorito dal fatto che a Calasetta, non essendo isolata come Carloforte, si combinano e si intrecciano spesso tradizioni culturali tabarchine con quelle sarde e sulcitane, nonostante la manifestata e orgogliosa appartenenza derivante dai legami con il territorio ligure e genovese in particolare.

L’originaria cultura piemontese è rimasta solo in modo notevole nelle tecniche di coltivazione della vite e della produzione del pregevole vino Carignano già citato.

La pesca, con le connesse attività marinare e marittime, e l’agricoltura costituiscono l’economia prevalente del paese affiancate da importanti servizi turistici per la permanenza e la ristorazione che stanno caratterizzando sempre di più Calasetta, diventata e affermatasi come notevole e rilevante centro balneare e di soggiorno nel territorio e in Sardegna.

Da tenere in considerazione le spiagge, dove la costa è bassa e sabbiosa a nord-est con tre meravigliosi arenili: spiaggia Grande, Sottotorre e Le Saline, le cui sabbie morbide si rigonfiano in dune contornate da uno stagno, oasi avifaunistica. Mentre a ovest, dominano scogliere a picco sul mare: risplendono la suggestiva Mangiabarche, sorvegliata da un faro sullo scoglio di fronte, e la splendida Cala Lunga, un fiordo verde smeraldo che dal mare aperto conduce a una spiaggia riparata. Alcuni tratti sono raggiungibili solo in barca, a piedi o in mountain bike, come Cala Tuffi, piscina circondata da pareti rocciose. Da visitare anche Portixeddu, spiaggia di ciottoli, e il Nido dei passeri, coppia di faraglioni emergenti dall’acqua rifugio di volatili.

Tra le pietanze da gustare non si può non citare il tipico “Pilau di Calasetta” che consiste in un piatto di fregola sarda, condita con aragosta, scampi, gamberoni, arselle, cozze e soprattutto granceola.

Il Pilau è un antico piatto povero dell’isola, ottenuto originariamente dalla salsa della cassola (zuppa di pesce) con l’aggiunta di acqua, cui veniva aggiunto il couscous fatto in casa.

La sagra del Pilau si svolge alla fine del mese di maggio.

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