Rubrica: “La Sardegna dei Comuni” – Pimentel

Ogni settimana raccontiamo la storia di un  paese della Sardegna per far conoscere le sue particolarità, le sue bellezze  geografiche e la sua comunità.

di Antonio Tore

Pimentel, chiamato in lingua sarda Pramantellu è un comune di oltre mille abitanti della Trexenta.

Il territorio dove oggi sorge il paese fu abitato fin da epoche remote, quando vi si stanziarono comunità che praticavano un’agricoltura evoluta e già pervenute ad uno sviluppo sociale e civile.
Lo conferma la presenza delle domus de janas nelle località di S’acqua Salida, Pranu Efisi e Corongiu, che si possono far risalire alla fine del Neolitico recente, ai tempi della Cultura di Ozieri, cioè tra la fine del IV secolo e l’inizio del III secolo a.C.
La domus ritrovata nella zona di Corongiu è una tomba particolare con una caratteristica quasi unica: le decorazioni che sono poste sopra ed ai lati dell’ingresso, che separa l’anti-cella dalla cella. Il disegno é costituito da un elemento verticale, dal quale si dipartono lateralmente delle spirali, ed é stato interpretato come una rappresentazione grafica della Dea Madre, in cui le spirali sono gli occhi e l’elemento al centro il profilo del naso. La Dea Madre sarebbe quindi anche una Dea degli Occhi che ha sotto la sua protezione il defunto. A fianco é riportato anche un motivo a zig-zag che sembra ricordare un mare con delle barche, e potrebbe richiamare il mondo dell’aldilà. Sulla base di queste decorazioni gli archeologi hanno proposto una datazione che va tra il tardo neolitico ed il protocalcolitico (inizio dell’Età del Rame), e cioé tra il 2.300 e il 2000 a.C.

Il graffito é ben in rilievo rispetto al piano di fondo, ed é sottolineato con sostanza rossa. Forse il colore stesso, il rosso, diventa simbolo poiché significa sangue, vita e rigenerazione della medesima, e su una tomba acquista il significato simbolico di sconfitta e superamento della morte stessa. Il contenuto delle immagini, qualunque sia il loro significato, è assolutamente geometrico e surreale, sia perché è legato al mondo della tomba, sulle cui pareti il disegno si sviluppa, sia perché l’immagine è astratta, affidata a simboli quali zig-zag, spirali, cerchi concentrici, linee, di cui possiamo solo azzardare una decifrazione. Petroglifi con motivi abbastanza analoghi si ritrovano a New Grange, in Irlanda, e sono stati datati agli inizi dell’Età del Bronzo, (1800-1600 a.C.). La singolarità di questa tomba di Pimentel è l’aspetto della Dea Madre come Dea degli Occhi onniveggente, che vigila sul sonno del defunto. Insolito ed interessante anche il motivo ad onde su cui si affacciano degli elementi circolari in cui gli archeologi hanno identificato delle barche e il fregio a zig-zag richiama l’acqua, ed attraverso l’immagine simbolica del fiume o del mare filtra il significato dell’acqua come vita che si rigenera dopo la morte.

La zona in realtà è costituita da due diverse necropoli, scavate in due distinti banconi di arenaria poco distanti tra loro. L’intero complesso tombale è anche noto come necropoli de S’Acqua Sailda da un’antica sorgente presente in zona o di Pranu Efisi e comprende una dozzina di tombe, dai più svariati impianti planimetrici. Alcune di esse hanno curiosi particolari architettonici, quali colonne e pilastri all’interno delle celle, vasconi per abluzioni rituali, nicchie, banconi per offerte, coppelle scavate nel banco di roccia, e incassi per i portellì di chiusura, con tracce evidenti di pittura rossa. La necropoli è davvero un piccolo campionario di singolarità tra le domus de janas sarde: ve n’è una con un lunghissimo corridoio d’accesso, anti-cella con riquadro del portello dipinto in ocra rossa, e cella con tre camerette sepolcrali. Altre due tombe hanno dei motivi decorativi a rilievo nelle pareti e nel soffitto delle celle, che imitano le travi di legno nelle capanne di abitazione. Vi è infine una tomba che presenta, ad una parete della cella due teste di toro realizzate secondo lo schema tradizionale a T delle protomi taurine.Queste figure schematiche di teste bovine, isolate o in gruppo, come si riscontrano in altre domus de janas dell’isola ribadiscono simbolicamente la forza sensuale del maschio, espressa dal toro, a rigenerare la vita sia la morte. Ritroviamo cosi, nella necropoli di Pimentel entrambe le divinità della grande religione naturalistica protosarda la Dea Madre ed il Dio Toro, entrambi simboli di vita e di fecondità la cui collocazione su una tomba si pone emblematicamente a sconfitta e superamento della morte stessa.

A nord dell’abitato si trovano alcune fonti utilizzate soprattutto per abbeverare il bestiame: la piu ricca d’acqua è chiamata “Solaris”. Si estende fino alle estreme pendici sud-orientali del monte Giovanni Musiu (259 metri).
estimonianze risalenti all’età nuragica si trovano, invece, nella località “Sioccu” o “Tanca mastia”, dove si ergeva un nuraghe complesso. Altri nuraghi sono situati a “Santu Pedru” e “Santu Sibippu”.

In età romana erano abitate la località di “Santu Sibippu”, “Sioccu” e “Villa Dei”. Nella necropoli prenuragica sono state ritrovate ceramiche sia di epoca romana repubblicana che alto-medievale.

Si presume che il paese sia sorto nel 1670 dalla fusione di due contrade, divise in due dal rio Funtana Brebeis: “Nuraxi” ad est e “Saceni” ad ovest.

Durante il fascismo, per un periodo che va dal 1936 al 1946, fu accorpato al vicino comune di Samatzai, dal quale dipese amministrativamente, ma riconquistò la sua piena autonomia nel 1946.

Il tradizionale costume antico è stato smesso ai primi del ‘900. Quello femminile era costituito da un giubbotto di seta nera ricamato su polsini “a puntu vau” anche con l’applicazione di fili dorati e di perline, da una gonna di colore rosso o blu plissettata, per la quale occorrevano molti metri di stoffa. La camicia era in tela bianca, mentre il grembiule “su divantagliu” e lo scialle erano interamente ricamati a mano. Molto vistoso il corsetto, “su cossu”, realizzato in broccato e adornato dai fili dorati, perline e striscioline di tela colorata o di velluto pregiato.
 

 

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