Centodiciotto: Un sassolino nel meccanismo perfetto

La “normalità” scolastica dopo la pandemia

di Paolo Piu

“Se qualcuno mi indica il bordo di un abisso, faccio di tutto per non finirci dentro”  è la frase conclusiva dello spettacolo che il 25 marzo è stato rappresentato anche al Teatroteca di Cagliari, dopo il fortunato esordio a Nuoro del settembre scorso, scritto e interpretato da Alessandro Congeddu. “Centodiciotto”, è un monologo che per oltre un’ora ha tenuto inchiodati gli spettatori in sala grazie alla recitazione a tratti ipnotica dell’attore-autore , il quale ha voluto raccontare una storia in cui lo spettatore è stato posto davanti a una triste realtà, quella della situazione di alcuni docenti reintegrati nella scuola del post-pandemia, ma non nel proprio ruolo. Si è potuto così osservare da vicino la triste vicenda di quei lavoratori del tutto ignorati dalla stampa, dalla tv e molto spesso dagli stessi colleghi.

Nella foto: Alessandro Congeddu durante la recita

La rappresentazione inizia con una festa scolastica dopo il lungo periodo di lockdown in cui si torna finalmente a stare insieme e a uno stato di normalità. O almeno così pare. Questa gioia iniziale contrasta con la situazione reale, ovvero l’assenza di un collega, il professor Rigoni, che in realtà è sì presente a scuola, ma relegato in uno spazio angusto e fatiscente, uno sgabuzzino, perché non si è piegato all’imposizione della legge di farsi somministrare una cura preventiva sperimentale, spacciata come la soluzione risolutiva per contrastare un’epidemia virale. Così un docente valido, ben preparato e soprattutto in ottima salute, viene umiliato  e costretto a stare per l’intera giornata in un luogo angusto e a non far niente fino al termine delle lezioni scolastiche. Tutto ciò nell’indifferenza del mondo esterno e soprattutto dei colleghi, la cui omertà pesa come una cappa di piombo su chi si è visto colpire duramente per le proprie scelte ad opera di un decreto legge. Ma la vicenda del professor Rigoni è paragonabile a un sassolino che infilato in un ingranaggio ne ostruisce e in qualche modo ostacola il meccanismo perfetto. Egli rappresenta una voce fuori dal coro che non crede a quanto ripetuto costantemente dalla televisione, ed è l’unico a pensare  in modo autonomo, non condizionato dalle scelte della massa.

Lo spettacolo termina con l’affermazione che non si può privare del lavoro una persona sana, visto che il nostro sistema di governo non è una dittatura. Ma lo  spettro  di una deriva dittatoriale echeggia comunque nelle scene finali della rappresentazione, sottolineando la pericolosità di un decreto che in un attimo può togliere tutto a un cittadino, compresi i propri diritti e la dignità.

La cifra “centodiciotto” del titolo indica l’esiguo numero delle persone che hanno firmato la petizione lanciata dal professor Rigoni: “Rimettiamo al loro posto i docenti confinati negli sgabuzzini delle scuole”, una cifra di gran lunga inferiore alle firme raccolte per ogni altra petizione.

Un prolungato applauso da parte del pubblico che gremiva il teatro ha decretato il successo della rappresentazione, accompagnata dalle musiche dal vivo eseguite da Mauro Usai e Fabio Coronas.

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