La Cadillac Eldorado color verde acqua V parte

Ecco la V Parte del racconto di Giorgio PCA Mameli

«Manrico, che ci fai qui?» Riconobbi la voce di Efisio.

«Efisio – gridai- sei pazzo ad accecare la gente con questa luce».

«E bai accabbadda de stanteriai¹. – urlò lui di rimando – Tu sei pazzo a venirtene a quest’ora senza avvisare, con il rischio di prenderti una fucilata». Poi gli occhi di Efisio si posarono su Lee Jeane. «Cosa ci sei venuto a fare qua? E per giunta con una donna.»

«Siamo venuti per le costolette di capretto. Buone come quelle che sa fare tuo nonno non ce n’è.

«Ge de creu²  – chiosò Efisio in sardo – Bai ai nantis, maccu!³

Percorremmo ancora qualche centinaio di metri e sullo spiazzo antistante la casa trovammo Gavino.  Lo chiamo zio ma in realtà è il fratello di mia nonna Celestina. Da quando è rimasto vedovo ha deciso di curare personalmente gli allevamenti della famiglia e si è trasferito in campagna. L’ho sempre visto vestito allo stesso modo: pantaloni, panciotto e giacca di fustagno nero, camicia bianca senza collo, stivali e berretto, se lo toglie solo quando entra in casa. Ancora adesso cavalca come un ragazzino.

Zio Gavino prima lanciò un’occhiata a Lee Jeane e quindi mi chiese, in italiano, perché fossi lì. Glielo spiegai e lui rispose: «hanno ragione a chiamarti su maccu⁴».  Quando gli presentai Lee Jeane, lui si tolse il berretto, fece un inchino e baciò la mano che lei gli porgeva. Lee Jeane non fu per nulla sorpresa e neppure confusa da questo gesto.  Zio Gavino chiamò uno dei famigli e gli ordinò di preparare il fuoco, di togliere le costolette dalla ghiacciaia, di portare dell’olio, di recuperare qualche rametto di rosmarino e di stappare una bottiglia di Cannonau. Quando fu avvisato che tutto era a posto ci fece strada verso l’enorme cucina dove troneggiava il più grande camino che avessi mai visto.  I due, Lee Jeane e zio Gavino, fraternizzarono immediatamente e mi esclusero dalla conversazione senza neanche accorgersene. Lui le svelava il suo segreto per ottenere costolette morbide all’interno e grasso croccante all’esterno e lei gli diceva di quanto il Texas assomigliasse alla Sardegna, lui le raccontava la storia della famiglia e lei di quanto fossero lunghe le corna dei longhorn e brindavano a tutte le cose che avevano in comune. Ed erano tante. Era uno spettacolo vederli e quella sera zio Gavino cenò per la seconda volta. Quando fu passata la mezzanotte zio Gavino mi guardò e disse: «Stiamo risistemando le stanze degli ospiti e tutto è sottosopra, è rimasta solo la tua ancora da fare e immagino vorrai cederla a Lee Jeane».

«E lui dove dormirà?» chiese lei.

«Nel pagliaio. Come quando era ragazzo. Allora scappava dalla stanza per dormire nel pagliaio» rispose zio Gavino. E così fu.

Dopo aver ammonticchiato un po’ di fieno per farne una sorta di cuscino, mi spogliai, stesi il grande lenzuolo di lino e mi ci arrotolai. Vedevo la luna e le stelle e ascoltavo i lontani rumori della campagna. Poi sentii qualcuno salire la scala a pioli e vidi spuntare il viso di Lee Jeane illuminato da una torcia. Mi guardò, sorrise e disse: «Ti amo». Non feci in tempo a rispondere: era già scesa.

La mattina dopo quando arrivai in cucina erano già tutti lì, lei si alzò, mi venne incontro e mi baciò tre volte sulle guance. Zio Gavino mi disse:«Sei un uomo fortunato ad avere una simile fidanzata». Non ce la feci a dire che non sapevo di essere fidanzato. L’avessi fatto avrei confermato di essere su maccu.

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  1. Avatar for Monica Monica 26 Gennaio 2023
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