Peste suina: la grande maggioranza dei maiali abbattuti ad Arzana, Desulo e Orgosolo

Il pascolo brado alimenta l’endemicità della malattia in quei territori. Su 150 campioni analizzati ben 115 sono risultati sieropositivi alla Peste suina africana (PSA), con una percentuale di oltre il 75%.

di Annalisa Pirastu

Questo il primo bilancio dei controlli effettuati questi giorni nei laboratori dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna su 150 campioni prelevati da altrettanti maiali, tenuti illegalmente allo stato brado e abbattuti, lo scorso 8 dicembre ad Arzana, Desulo e Orgosolo, dall’Unità di Progetto per l’eradicazione della PSA. Il totale degli animali depopolati nei territori dei tre Comuni era stato di 210.

PSA endemica. I dati forniti dall’IZS dicono che la malattia è sostanzialmente presente in maniera costante nei luoghi interessati dagli abbattimenti e dove si pratica il pascolo brado dei maiali. “I suini sono risultati positivi – ha osservato il direttore generale dell’IZS, Alberto Laddomada – più o meno costantemente agli stessi elevati tassi di prevalenza. Questi dati confermano, qualora ve ne fosse il bisogno, che il loro abbattimento era necessario. Infatti, si dimostra ancora una volta che in quei territori la PSA è presente in forma endemica, con la pratica del pascolo brado incontrollato che permette alla malattia di persistere e di auto-alimentarsi costantemente nei continui contatti da maiale a maiale e tra i maiali domestici con i cinghiali. Se non si prende coscienza del fatto che è contro l’interesse di tutti i sardi perseverare nell’allevare i suini in modo illegale e irresponsabile – ha concluso Laddomada – non riusciremo mai a liberarci da questa piaga che da ormai 40 anni ha messo in ginocchio l’intero comparto regionale”.

Pascolo brado illegale. In Sardegna, anche in presenza di una severa normativa in materia di eradicazione della Peste suina africana, è consentito allevare i maiali utilizzando il pascolo naturale, a condizione che questo avvenga in appezzamenti, anche molto ampi (sino a 10 ettari nelle zone rosse di massimo rischio e sino a 40 ettari nelle zone bianche a minor rischio), ben recintati, per impedire il contatto, anche occasionale, con i cinghiali ed evitare la possibile diffusione della PSA. Quello che non è mai consentito è l’allevamento, illegale, di animali abbandonati a se stessi, esposti al contagio del virus della peste e di altre pericolose parassitosi (Trichinella su tutte), da parte di soggetti che si trincerano dietro l’anonimato. Il comparto suinicolo e la filiera delle carni suine possono svilupparsi solo grazie agli allevatori regolari che, con quotidiana fatica, provvedono ai bisogni dei loro animali, adempiono agli obblighi di registrazione, provvedono ai controlli sanitari e possono attestare la salubrità delle carni che provengono dai loro allevamenti. Purtroppo invece, come dimostrano i dati che l’Istituto Zooprofilatico della Sardegna ha appena diffuso, negli allevamenti bradi illegali persiste una situazione sanitaria desolante.

 

 

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