La Cadillac Eldorado color verde acqua

di Giorgio PCA Mameli

Cari lettori, pensando di fare cosa a voi gradita da oggi inizieremo a pubblicare alcune parti di un breve racconto scritto da un sardo che ha avuto “solo” la “disgrazia” di non nascere in Sardegna…Scherzi a parte Giorgio Mameli è molto più sardo di tanti di noi che, pur essendo nati in questa magnifica terra, poco o nulla fanno per essa. Infatti sono in molti a ritenere che la “sardità” si possa conservare per il solo fatto di esserci nato o di viverci. La Sardegna ha bisogno di altro,,,rispetto, affetto e, soprattutto di essere conosciuta e ben valorizzata. Giorgio infatti pur vivendo nelle Orobie ha sempre mantenuto un forte legame con l’Isola da cui sono nati e vissuti tanti suoi antenati, fra cui Evelina Mameli in Calvino, il pilota dell’aereonautica militare, morto in combattimento in Abissinia, Mario Mameli a cui è dedicato l’aeroporto di Cagliari. Fra l’altro Mario era fratello di suo Padre Sauro, anche lui nato a Cagliari e poi trasferitosi in continente per lavoro, dove ha messo su famiglia. Il racconto che vi proponiamo è ricco di spunti originali e inattesi raccontati quasi in modo confidenziale che parlano di un viaggio in Sardegna attraversata da un uomo e una bellissima donna in alcune delle più suggestive e caratteristiche zone della nostra regione. Cosa dirvi…Buona lettura e fateci sapere i vostri commenti.

Roberto Copparoni

I parte

La vidi a circa cento metri di distanza: era bellissima. Rallentai per poterla guardare meglio e gustarmene tutta la bellezza. L’avevo sempre vista solo in fotografia, ma dal vero una Cadillac Eldorado lascia senza fiato. Era di colore verde acqua e, a giudicare dall’assenza delle pinne posteriori, doveva essere degli inizi degli anni settanta. Era parcheggiata in un piccolo spiazzo della strada che da Cagliari porta a Chia, sul lato destro. Notai che i sedili e la capote erano color panna. Sembrava abbandonata, lì attorno non c’era anima viva. Purtroppo non potevo fermarmi, ero atteso da amici per un giro in barca e la cosa un poco mi dispiacque. Non è da tutti i giorni vedere una simile opera d’arte. Allontanandomi, diedi un’ultima occhiata dallo specchietto retrovisore alla vistosa griglia cromata anteriore. Gli americani l’avevano soprannominata il sorriso del dollaro. Quando arrivai dai miei amici raccontai di quella meraviglia, ma non vollero credermi. Risero: «In Sardegna mai si è vista un’auto simile » dissero, come al solito confondevo il sogno con la realtà, troppo ricco di fantasia: avevo esagerato. Quando si stancarono di prendermi in giro passammo ai preparativi per la partenza e così anch’io me ne dimenticai.  Il Ponente in giugno in quella zona è meraviglioso e noi avevamo una voglia matta di divertirci. Bordeggiando la costa doppiammo Capo Teulada e facemmo a gara con qualche barca, ignara di essere stata selezionata per la nostra specialissima coppa di Sardegna. Quasi sempre vincevamo noi. Un po’ ci raccontavamo fesserie, tanto per ridere e un po’ litigavamo, sempre per ridere e così giungemmo fino all’isola di sant’Antioco. Ci fermammo in una caletta dalle parti di Torre Cappai  per il pranzo. Ci divertimmo come liceali quando marinano la scuola. Come sanno fare solo gli uomini quando sono tra loro. Eravamo in cinque: due divorziati, un separato in casa, un convivente free, le cose con il suo compagno erano altalenanti e quindi un po’ ci conviveva e un po’ no e quando era no stava a casa mia e poi c’ero io l’unico vero scapolo. Impenitente dicevano i pochi amici e le molte amiche. Spiegavo il fatto col non aver ancora trovato quella giusta-giusta.

Verso le diciotto eravamo di ritorno, per un po’ aiutai gli altri a sistemare la barca, ma avevo una gran fretta di tornare in città. Ero riuscito a procurarmi un biglietto, terza fila centrale, per il teatro Lirico. Quella sera davano la prima del Don Carlos, versione cinque atti. Avevo giusto il tempo di tornare a casa per una doccia, mangiare due cucchiaiate di casu axeddu con un po’ di pane pistoccu, vestirmi e correre al teatro.

Quando fui nei pressi di Nora la rividi. Anche questa volta rallentai e pensai quanto fossi fortunato perché anche ora l’Eldorado era parcheggiata nel mio senso di marcia e questa non era l’unica differenza rispetto a qualche ora prima. Appoggiata alla portiera di sinistra con l’aria più annoiata del mondo c’era una donna.  Mentre mi avvicinavo, metro dopo metro, avevo modo di osservarla meglio, la donna. Era alta, sopra la media, un enorme paio di occhiali, a nasconderle il viso quasi per intero, i capelli castani, leggermente ramati, erano tirati sulla nuca e finivano in una lunga coda sciolta. Deve proprio avere una gran massa di capelli, pensai. Notai anche le gambe: aveva gambe molto lunghe.  Indossava una camicia bianca, maniche arrotolate fino all’altezza dei gomiti, era di foggia larga e le cadeva fuori dai pantaloni di colore giallo canarino, modello Capri, si fermavano poco sopra alla caviglia, una gran bella caviglia. Era bellissima.

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  1. Avatar for Tere Magana Tere Magana 26 Gennaio 2023

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